Navaornis rivela il
mistero della cognizione degli uccelli
ROBERTO COLONNA & LORENZO L. BORGIA
NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 23 novembre 2024.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Già
nella Grecia arcaica erano note le abilità stupefacenti di alcuni uccelli, che
avevano colpito la fantasia di osservatori e scrittori al punto di creare miti,
quali iperboli portate all’estremo, di abilità realmente possedute o indurli a
credere in poteri soprannaturali, come era accaduto presso gli Egizi e tanti
altri popoli fin dai tempi più remoti. All’epoca di Omero, il mito dell’aíthuia o
cornacchia di mare (kórone thalassios),
in grado di prevedere le tempeste, conoscere le insidie del pelago, guidare i
naviganti attraverso passaggi sicuri, proteggerli dalle mitiche “rocce erranti”
e interagire con loro comunicando, era già antico di molti secoli e, sebbene l’identificazione
con i tipi di uccelli marini allora conosciuti, quali laros,
duptes, eroidios,
divideva gli osservatori della natura, la convinzione popolare divenuta cultura
comune aveva decretato che il prodigioso volatile non era altro che Athena, la
più intelligente delle dee, entrata con lo spirito nel corpo del pennuto: Athena
Aíthuia,
celebrata con statue e templi.
Gli
ultimi quattro decenni di ricerca sull’intelligenza aviaria hanno messo in
evidenza abilità di gran lunga superiori a quelle dei rettili, da cui derivano,
ma finora non si è riusciti a comprendere come queste capacità si siano
sviluppate.
La
scoperta in Brasile di una specie aviaria fossile del Tardo Cretaceo certificata
da Luis M. Chiappe, uno studioso argentino con una brillante carriera
costellata di imprese e nuove acquisizioni, fornisce evidenze anatomiche su
cranio e cervello di un anello mancante della catena che congiunge Archaeopterix
ai moderni uccelli. Tali dati morfologici sembrano essere sufficienti a
gettare luce sul mistero dell’intelligenza di corvidi, pappagalli e altre
specie moderne.
Si
pensi alle abilità di stima della numerosità e alle piccole operazioni
aritmetiche che sono in grado di eseguire i piccioni, emerse per la prima volta
negli esperimenti di Cerella poi replicati innumerevoli volte anche con altre
specie aviarie; si pensi all’abilità di psittacidi e altri uccelli di usare
strumenti, quali ramoscelli, per fare leva e raggiungere uno scopo pratico,
quale entrare in uno spazio o ottenere cibo; si pensi alla capacità di formarsi
precise mappe spaziali di un territorio dove nascondere il cibo per una
stagione e poi ritrovarlo; si pensi all’abilità di riprodurre parole e frasi
delle grandi are (Ara ararauna), dei merli
indiani, delle gazze e altri corvidi, e in particolare ad Alex, il pappagallo
cenerino di Irene Pepperberg, addestrato a
comprendere le richieste e a eseguire compiti aritmetici e di destrezza,
commentandoli a parole. Abilità che nel regno animale si possono accostare solo
a quelle dei mammiferi, che gli uccelli però superano nell’imitazione della
parola umana, pur avendo un cervello tanto più semplice da non poter essere
paragonato nemmeno a un ristretto gruppo di circuiti di nuclei sottocorticali
dei mammiferi. All’origine c’è un’evoluzione del sistema nervoso centrale
aviario che non comprendiamo bene, proprio per la mancanza di continuità
filogenetica e logica tra le strutture fossili e le creature alate attuali.
Ora,
alla fine del lavoro di Guillermo Navalon di ricomposizione
dei frammenti sotto la guida di scansioni micro-CT a completamento di un cranio
perfettamente conservato del fossile scoperto nel 2016 da William Nava,
direttore del Museo di Paleontologia di Marilia, nello Stato di San Paolo del
Brasile, disponiamo di un anello di congiunzione di 80 milioni di anni fa, che
copre un arco di 70 milioni di anni e ricongiunge il cervello di Archaeopterix
a quello degli Uccelli moderni, e che contiene informazioni paradigmatiche così
rilevanti da indurre Navalon, Chiappe e gli altri
autori dello studio che qui recensiamo, a paragonarlo alla Stele di Rosetta, in
quanto consente di decifrare la via evolutiva presa dal cervello di famiglie e
generi ornitologici attuali.
(Chiappe
L. M. et al., Cretaceous bird from Brazil informs the evolution of the
avian skull and brain. Nature – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41586-024-08114-4, 2024).
La provenienza degli autori
è la seguente: Instituto de Geociencias,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de
Janeiro (Brasile); Dinosaur Institute, Natural History Museum of Los Angeles
County, Los Angeles, CA (USA); Seccion Paleotologia de Vertebrados,
CONICET-Museo Argentino de Ciencias Naturales
Bernardino Rivadavia, Buenos Aires (Argentina); Centro
de Geociencias, Coimbra University, Coimbra (Portogallo); Department of Earth Sciences and Museum of
Zoology, University of Cambridge, Cambridge (Regno Unito);
Faculdade UNB Planaltina, Universidade de Brasilia, Brasilia (Brasile).
Il fossile,
eccezionalmente preservato nella struttura tridimensionale del cranio[1], è stato denominato Navaornis
hestiae, “Nava” da William Nava che lo ha
scoperto, “ornis” dall’identificativo greco per gli
uccelli, e “hestiae” con riferimento a Hestia, dea vergine[2] greca della casa e del focolare corrispondente a
Vesta romana e, secondo alcune tradizioni, protettrice anche della terra, come
la sorella Demetra. Questo uccello, che si librava nel cielo sulla testa dei
dinosauri, per usare l’immaginifica espressione degli autori dello studio, è
privo di denti, con grandi occhi e un cranio molto diverso da quello di Archaeopterix,
non solo per la capacità volumetrica di ospitare un encefalo più grande, ma
anche perché la forma ricorda un po’ quella dei moderni colombi.
Ma le
analisi filogenetiche assegnano Navaornis hestiae alle Enantiornithes
(Enantiorniti), letteralmente: gli “Uccelli Opposti”,
vissuti solo nel Cretaceo, costituendo le specie più varie e differenziate del
Mesozoico, e considerati fino ad oggi un esperimento dell’evoluzione che non ha
avuto seguito, perché non se ne conoscevano discendenti in continuità con le
specie attualmente viventi. Questi “Uccelli Opposti” si riteneva si fossero
evolutivamente allontanati dall’antenato comune alle specie aviarie viventi 130
milioni di anni fa.
Esaminiamo
ora i caratteri anatomici del cranio, che sono straordinariamente interessanti
e ci fanno capire perché Navaornis si colloca
esattamente a metà di quel gap, di quell’intervallo vuoto di 70 milioni
di anni tra i 150 milioni di anni fa dell’Archaeopterix e gli 80 milioni
di anni dell’evoluzione delle specie aviarie presenti (crown birds). Infatti, gli elementi distintivi del cranio per
metà appartengono ai tratti di caratterizzazione arcaica e per metà alle caratteristiche
delle specie moderne. La geometria complessiva è quantitativamente
indistinguibile da quella degli uccelli attuali, ma l’astuccio osseo delle
formazioni encefaliche di Navaornis mostra
numerose plesiomorfie[3], includenti un rostro dominato dalla maxilla, un palato acinetico, una configurazione
temporale diapsidica, cioè come i rettili diapsidi[4], e, soprattutto, un piccolo cervelletto e un
telencefalo debolmente espanso.
Questi
elementi arcaici sono combinati con elementi degli uccelli moderni, quali le flessure
del tubo neurale superiore costituente il cervello e il labirinto osseo dalla
forma simile a quella delle specie viventi, ma sostanzialmente più grande.
La questione
fondamentale, che chiarisce le ragioni evoluzionistiche dell’intelligenza
aviaria, prende le mosse dal rilievo in Navaornis
di un cervelletto di piccole dimensioni. Il complesso controllo di tutti i pattern
di equilibrio, statica, dinamica, redistribuzione del peso e della forza
neuromuscolare necessarie al volo, alle evoluzioni e alle prestazioni
specie-specifiche per la caccia in volo e per altri FAP (fixed action
pattern), è affidato ai circuiti del cervelletto, e il grande sviluppo di
quest’organo encefalico negli uccelli è proprio dovuto all’evoluzione di queste
abilità, evidentemente soprattutto negli ultimi 80 milioni di anni. Dunque, il
cervelletto di Navaornis ci dice che, almeno
fino alla sua epoca, la priorità evolutiva non è stata legata al comportamento
in volo, ma allo sviluppo di abilità cognitive, come testimoniano le differenze
col cervello dell’Archaeopterix, per non menzionare quelle abissali con
le cladi evolute come rettili.
Non abbiamo
un quadro delle condizioni di vita nell’interazione con gli ecosistemi del
tempo, con i dinosauri e tutta la fauna del Mesozoico, ma sappiamo che le
pressioni selettive che si sono generate hanno costretto per la sopravvivenza Navaornis, e verosimilmente altre specie parallele
non ancora scoperte, a sviluppare i seguenti adattamenti: 1) una rapida
capacità di stima della numerosità, non solo come abilità cognitiva
diretta, ma anche come paradigma del criterio di convenienza; 2) una
straordinaria memoria spaziale con conservazione a lungo termine delle
tracce, che consente di nascondere il cibo alla vista di specie concorrenti in
siti fra loro lontani, e di recuperarlo al momento del bisogno, a distanza di molto
tempo; 3) capacità telescopica di discriminazione visiva da grandi altezze di segni
delle prede (es.: urina di arvicole) percepiti grazie alla visione nella
gamma dell’ultravioletto; 4) uso di memorie d’ambiente in funzione
adattativa, con sviluppo di flessibilità d’uso di pattern cognitivo-comportamentali
fissi (FAP).
Il
particolareggiato e fine studio geometrico del cranio e dell’endocranio di Navaornis ha mostrato un grado di similarità fino a
oggi impensabile tra una specie enantiornitina e le
specie attualmente viventi: lo studio dell’anatomia neurocranica
di questo nuovo fossile fornisce una conoscenza di lungo raggio filogenetico,
indicando i cambiamenti nelle singole regioni cerebrali che hanno portato
questi volatili primordiali a passare dal sistema nervoso centrale di Archaeopterix
a quello degli uccelli attuali. Soprattutto, abbiamo compreso che per molti
milioni di anni le priorità adattative non erano nelle specializzazioni del
volo, ma nello sviluppo di abilità cognitive necessarie a superare ostacoli e
vincere nella lotta per la sopravvivenza individuale e della specie.
Gli autori della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza
e invitano alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto
Colonna & Lorenzo L. Borgia
BM&L-23 novembre 2024
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scientifica e culturale non-profit.
[1] L’esatto sito di reperimento,
presso la località Presidente Prudente (San Paolo, Brasile), si ritiene che
decine di milioni di anni fa e per lunghe ere geologiche sia stato
caratterizzato da assoluta aridità, con la probabile eccezione di qualche
rigagnolo o piccolo torrente. Questa secchezza può aver favorito l’eccezionale
preservazione del reperto.
[2] Le dee vergini dell’Olimpo,
secondo la Teogonia di Esiodo, sono Atena (Minerva), Artemide (Diana) ed Estia
(Vesta).
[3] Per plesiomorfia,
nello studio evoluzionistico dell’insieme dato da specie progenitrici estinte e
specie attualmente viventi (cladistica), si intende la presenza in un taxon
di caratteri antichi precedenti quelli del progenitore ancestrale comune.